Cotone organico e cotone riciclato: una scelta consapevole

Cosa c’è di meglio del cotone sulla pelle? È il mantra di molte aziende di abbigliamento, giusto? Per questo la coltivazione del cotone è ancora così intensa (e intensiva). Solo gli Stati Uniti ogni anno producono oltre 20 milioni di balle su 13 milioni di acri di terreno. Il che vuol dire 4.400 milioni di tonnellate di fibra e 6.000 milioni di tonnellate di semi di cotone. Ma ormai non possiamo più girare la testa dall’altra parte: l’industria del cotone è una tra le più energivore e inquinanti del pianeta.

L’industria del cotone: è sostenibile?


Secondo i dati forniti da Cotton Council International (Cci), associazione no-profit che promuove la fibra di cotone americana attraverso il marchio Cotton Usa, sono necessari circa 1300 litri di acqua per ogni chilogrammo di fibra. A questi dati vanno aggiunti pesticidi, fertilizzanti e prodotti chimici utilizzati per la sua lavorazione.

Diverse fonti affermano che, per produrre una tonnellata di fibra di cotone, servono in media 19 Gigajoules: 1GJ di energia è equivalente all’energia contenuta in 28 litri di benzina, per un totale di 532 Gj.

Quando negli anni ’90 Patagonia iniziò un’intensa fase di ricerca sulle fibre da utilizzare per i propri prodotti, scoprì che il 10% di tutti i prodotti chimici agricoli negli Stati Uniti veniva impiegato per la produzione del cotone, la cui coltivazione occupava solo l'1% dei terreni agricoli. Ogni anno, sui campi di cotone coltivati in modo tradizionale nella sola California venivano riversate oltre 3000 tonnellate di sostanze chimiche (fertilizzanti sintetici, additivi, sostanze defolianti e altri composti), con danni enormi sul suolo, le acque e l’aria del territorio.

Gli stessi produttori americani sono consapevoli dell’impatto ambientale (e del rischio di calo del fatturato se non correranno velocemente ai ripari) tanto da imporsi dei target ambientali piuttosto stringenti, secondo i quali si punterò a diminuire il consumo di acqua e di produzione di Co2

Le azioni primarie per incrementare la salute del suolo includono:
  • aumentare l’efficienza di utilizzo del terreno del 13% attraverso l’impiego di migliori varietà genetiche di cotone,
  • ridurre il consumo di acqua del 18% attraverso l’utilizzo di sistemi di irrigazione più efficaci e ad alta componente tecnologica
  • la rotazione delle colture
  • ridurre i gas serra del 39%
  • ridurre l’erosione del suolo del 50% per ogni acro
  • diminuire l’utilizzo di energia del 15%
È sufficiente? Non del tutto. Soprattutto perché si tratta di standard che riguardano solo una parte della produzione, quella americana, mentre la produzione in altri paesi del mondo resterà ugualmente impattante e forse aumenterà, se si dovesse rivelare più conveniente a livello economico.

La scelta di Patagonia: il cotone riciclato


Tutti i capi Patagonia che contengono fibre di cotone ad oggi contengono cotone riciclato o cotone organico. Utilizzando cotone riciclato, ad ogni fibra viene donata una seconda vita senza perdere di qualità, le quantità di risorse ambientali utilizzate sono decisamente inferiori, la produzione di Co2 è fino all’80% più bassa!

Patagonia utilizza scarti pre-consumo dai propri stabilimenti e utilizza solo cotone che supera severi controlli di qualità. Il cotone adatto alla lavorazione viene triturato meccanicamente per essere nuovamente filato, molto spesso insieme a poliestere riciclato. Questa procedura permette di ottenere fibre più lunghe ed elastiche, perfette per felpe e t-shirt. L’obiettivo primario è quello di incorporare quanto più cotone riciclato possibile nelle lavorazioni, anche grazie alla collaborazione con sempre nuovi partner della rete di fornitura e a tecnologie sempre più avanzate che consentirebbero di utilizzare maggiori quantità di cotone riciclato.

La scelta di Patagonia: il cotone organico


Diversamente dal cotone riciclato il cotone organico è fibra vergine coltivata con metodi organici che eliminano l'uso di pesticidi sintetici, erbicidi e semi OGM.
Patagonia ha iniziato a utilizzare esclusivamente cotone organico al 100% nel 1996. I fornitori di cotone hanno potuto così ridurre la loro dipendenza da grandi aziende agrochimiche, come Bayer-Monsanto e Syngenta, e l'esposizione dei lavoratori agricoli a composti potenzialmente tossici e cancerogeni.

I metodi di coltivazione del cotone organico supportano la biodiversità e mantengono gli ecosistemi in salute, migliorano la qualità del terreno e spesso impiegano minori quantitativi d'acqua. Rispetto al cotone convenzionale, abbiamo è stata provata una riduzione del 45% di emissioni di CO2 e una riduzione dell'87% di consumo di acqua.

Non solo. Quando è possibile Patagonia si impegna anche a riparare i danni del passato e ha creato e assegnato alle fattorie che puntano a standard ancora più elevati la Certificazione di agricoltura organica rigenerativa - Regenerative Organic Cotton -, che mira a riabilitare il suolo, rispettare il benessere degli animali e migliorare la vita degli agricoltori.

“Abbandonare il cotone industriale per il cotone bio è un passo avanti, ma non risolve interamente il problema. Anche quando il cotone è coltivato senza l’uso di sostanze chimiche tossiche, comnsuma comunque una quantità smisurate di acqua e, se coltivato anno dopo anno, impoverisce permanentemente il terreno. Fabbricare una maglietta consuma quasi 2700 litri d’acqua. La provenienza di quest’acqua fa una grossa differenza. Se proviene dalla cisterna di un fiume, potrebbe aver bloccato la migrazione dei pesci e costretto a spostarsi centinaia o migliaia di persone povere. Oppure può essere stata presa da una zona dove piove a sufficienza.” (Y. Chouinard, fondatore di Patagonia, Let my people go surfing)
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